Come saprete tutti, Andrew Lichtenberger è uno dei più apprezzati giocatori di tornei di poker e riportiamo sempre volentieri i suoi pensieri, in virtù di una mente illuminata che lo porta a non banalizzare mai i suoi concetti.
Pochi giorni fa ha messo ancora una volta nero su bianco un suo pensiero, nella serie di interviste e di interventi che pubblica con frequenza su un sito del settore.
In questo caso si parla di bluff.
La bellezza del bluff
Abbiamo scritto in più di un'occasione che la parola poker ha origini addirittura persiane, e che, per assonanza, ci sono concetti che riportano alla parola "inganno", una delle caratteristiche fondamentali di un gioco come il poker.
Il bellissimo pezzo di Lichtenberger, parte dalla sua concezione di giocatori vincenti, inquadrati come coloro i quali riescono a massimizzare meglio degli altri il valore che capita quando giocano con le mani migliori e riescono a perdere il meno possibile, o addirittura riescono a vincere, con le mani peggiori.
Questa somma algebrica fa la differenza tra i giocatori, che utilizzano le loro strategie più fini in modo più o meno abile, cosa che porta al risultato finale che differenzia così un giocatore vincente e uno perdente.
La distinzione che fa Lichtenberger rispetto a quali siano i mezzi per performare meglio al tavolo, è la distinzione che si può fare tra le vincite allo showdown e vincite senza showdown, senza arrivare, cioè, all'ultima strada del board, il river.
La seconda opzione è ovviamente legata al bluff, più che altro perché non è molto frequente arrivare al river senza un punteggio che ci permetta di avere del valore e vincere un colpo.
Il tutto perché non si può pensare di cavalcare un'onda di mani forti e di punti sicuri per tanto tempo che ci permetta di vincere costantemente. Dobbiamo metterci qualcosa di nostro.

L'essenza del bluff
Le parole di Lichtenberger sono puntualmente riportate da Poker.org, che ciclicamente ospita i pensieri del giocatore americano di New York.
"La penso in questo modo: ignorando la strategia per un momento, riconosciamo la nostra umanità", scrive Lichtenberger. "Questo a volte viene trascurato in un'epoca di poker con strategie altamente avanzate che la tecnologia ci ha offerto e la scelta di rinunciare alle emozioni al posto della logica. Parlando per esperienza, ho un tasso di successo molto più alto nel bluffare quando il bluff che sto facendo sembra giusto. Questo sentimento non è del tutto trascendente la logica, ma comprende invece sia la logica che l'emozione. Trovo che quando credo davvero in me stesso, è molto più probabile che anche il mio avversario mi creda."
Quello che vuole spiegare Lichtenberger, è che la componente che fa capo all'inganno in un gioco come il poker, deve fare bene i conto con la parte meno arida del gioco, quella che investe la nostra sfera emotiva.
"Naturalmente, sapere come affrontare strategicamente il bluff fa la differenza nel processo di esecuzione di giocate ad alto rischio. Sono fermamente convinto che più si è in contatto con le proprie emozioni in questi grandi momenti, maggiori sono le possibilità di successo. Va anche oltre il bluff, poiché il poker, specialmente in un formato di torneo, può essere estremamente volatile e richiede di essere equilibrati di fronte alle avversità, oltre che umili nell'atto della vittoria.
"Ho avuto molte esperienze in grandi momenti in cui seguire il mio cuore mi ha portato a un successo di cui la mia mente da sola sarebbe stata del tutto incapace, a causa dei limiti con cui la mente si scontra naturalmente. L'inganno è davvero il nome del gioco nel poker. Se riesci a ingannare il tuo avversario per chiamare quando stai puntando di valore e passare quando stai bluffando, sei a posto!"