Continuiamo a parlare della strategia del 6+ Hold’em e del gioco post-flop, argomento che Jason Somerville ci aveva introdotto nel precedente articolo – in fondo potete trovare i link relativi a tutti gli episodi della serie Exploring Short Deck, prodotti dai colleghi di PokerNews.com e tradotti per voi.
In questo Articolo:
Bet sizing
Scegliere la dimensione corretta di una puntata è una parte fondamentale del poker, perché serve sia per estrarre il massimo valore possibile sia per costringere al fold mani che potrebbero essere migliori della nostra, o che hanno una buona equity.
Questo vale tanto per il Texas Hold’em quanto per lo Short Deck; dove si apprezza invece una differenza è nella size tipica. Nel classico Hold’em, di solito al flop si punta relativamente poco in base alla dimensione del piatto, a volte – su certi tipi di board – anche solo il 20% o 30%. Poi al turn e/o al river le puntate crescono e sia avvicinano alla dimensione del piatto.
Ecco, questa linea non paga nel 6+ Hold’em: “In questo gioco, sono molto più comuni le puntate pari al piatto o anche le overbet”, spiega Somerville. “Negare l’equity è più importante: riuscire a far foldare l’avversario facendogli rinunciare alla sua equity è l’ideale”.
Un esempio pratico
Prendiamo in esame A-K contro J 10 su board 9 8 A . Nel Texas Hold’em, se Hero punta mezzo piatto dando a Villain odds di 3 a 1, per Villain non è matematicamente corretto chiamare a meno che non sia sicuro di poter vincere più denaro nel prosieguo della mano, dato che le probabilità di chiudere il suo punto al turn sono di quasi 5 a 1.
Ma nello Short Deck, J 10 nella stessa situazione di cui sopra avrebbe le odds corrette per chiamare anche se il piatto non crescesse più, dal momento che avrà il 26% di probabilità di chiudere scala al turn (quindi leggermente migliori di 3 a 1).
Per questo motivo, in generale più è grossa la puntata e meglio è, nello Short Deck. Puntare poco può avere senso se l’avversario non conosce bene le dinamiche del gioco, ma è deleterio se oppo è minimamente sensato.
Rappresentare mani e bluffare
Cercare di leggere le mani degli avversari nel 6+ Hold’em in qualche modo ricorda il pot-limit Omaha, nel senso che è facilissimo trovarsi contro mani monster. Allo stesso modo, spesso turn e river cambiano i valori in campo, con il nuts che può facilmente passare da un giocatore all’altro.
“Ci sono tante opportunità di bluff in questo gioco, molte più che nel full deck”, afferma Somerville, secondo cui posizione, iniziativa e blocker sono comunque fattori quando si tratta di bluffare, pur avendo lo Short Deck delle ulteriori sfumature.
Per esempio, “è difficile rappresentare un colore, perché nel 6+ i colori sono difficili da chiudere. In un piatto heads-up dobbiamo chiederci se l’avversario è quel tipo di giocatore che riuscirebbe a credere che abbiamo davvero un colore”.
Viceversa, nello Short Deck non mancano le scale. Tuttavia, dato che i board spesso si presentano a possibilità di scala, è importante non cadere nella tentazione di bluffare ogni volta che capita una carta che potrebbe completare una scala.
“Non si può esagerare in questi spot”, è il Somerville-pensiero. “Pensate alla history tra voi e l’avversario, che tipo di mani sono andate allo showdown. Questo crea per voi una buona situazione per bluffare?”.
I blocker
I blocker sono diventati parte fondamentale della teoria dei giochi in altre varianti, e questo succede anche nello Short Deck. “Se avete T-T in uno spot dove il 10 è una carta critica per chiudere una scala, e non avete altre informazioni, quello è un ottimo spot per bluffare. Ogni volta che avete un’informazione non a disposizione del vostro avversario, siete incentivati a bluffare”, ha spiegato Jason.
Anche in questo caso, il vantaggio della posizione conta tantissimo: puntare in posizione “è uno strumento davvero potente”.
Il paradiso dei giocatori di PLO?
Se siete appassionati di pot-Limit Omaha, probabilmente avrete riconosciuto nei consigli di Somerville tanti concetti applicabilissimi a questa variante.
“Il gioco è molto simile al PLO in tanti aspetti”, rivela il professionista. “Non a caso molti giocatori che si stanno appassionando al 6+ Hold’em sono fortissimi nel PLO. In termini di frequenza di bluff e di come costruire le proprie decisioni in molti spot, lo Short Deck sembra l’Omaha”.
E proprio come il PLO, lo Short Deck è un gioco molto complesso post-flop, dove l’action non manca mai e i piatti multi-way sono la norma: “Il ventaglio di soluzioni è molto più ampio post-flop. È un gioco bellissimo, davvero”
6+ Hold’em strategia: gli altri articoli della serie
- Regole e struttura del gioco
- Odds e probabilità
- Il gioco pre-flop
- Il gioco post-flop: range e piatti multi-way
- Il gioco post-flop: bet sizing, rappresentare mani e bluffare
- Analisi di una mano: il bluff di Justin Bonomo
- Analisi di una mano: il big shove di Phil Ivey
- Analisi di una mano: l'uso dei blocker di Jason Koon
- Analisi di una mano: il fold di Ben Yu
- I tornei e il futuro del gioco